Nel 1992 debutta la monoposto che sembra un caccia – di Massimo Campi
Ha la forma di un caccia, l’aerodinamica ha la precedenza su tutta la meccanica, ma la Ferrari F92A, pilotata da Jean Alesi ed Ivan Capelli si rivela una monoposto molto inferiore alle aspettative. La stagione 1992, per la fabbrica di Maranello, rappresenta un anno di grande svolta, purtroppo non positiva. Luca di Montezemolo è appena tornato in terra emiliana al comando di tutta la fabbrica e vuole risultati, sia commerciali che sportivi, lanciando un nuovo corso che avrà i suoi frutti tra qualche anno.
Al timone del reparto corse c’è Claudio Lombardi, una squadra dilaniata da faide interne che hanno portato al licenziamento di Alain Prost e di Cesare Fiorio, mentre la progettazione della nuova vettura è affidata al duo Harwey Postethwaite e Jean Claude Migeot che si occupa soprattutto della parte aerodinamica, sempre più importante nella Formula 1 di quegli anni.
Nelle stagioni precedenti, tra il 1989 e il 1991, le monoposto di Maranello sono nate e sviluppate attorno alla base della Ferrari 640 F1, la vettura di John Barnard, con il V12 di 3.5 litri e l’innovativo cambio sequenziale che è arrivata vicino a titolo mondiale con Prost. La vettura per il 1992, la F92A è una monoposto completamente nuova che non condivide nessun particolare con il recente passato.
La Williams e la McLaren hanno fatto notevoli progressi nel 1991, ed a Maranello viene decisa la realizzazione di progetto innovativo. Con l’obbiettivo di massimizzare l’efficienza del telaio con la conformazione aerodinamica vengono ridisegnati tutti i componenti principali, carrozzeria, motore e cambio, con l’intenzione di allineare la vettura agli ultimi dettami aerodinamici introdotti dalla March 881/Leyton House di Adrian Newey e dalla Tyrrell 019 del duo Postlethwaite-Migeot passati poi alle dipendenze di Maranello. Migeot è un esperto di aerodinamica ed applica alcune soluzioni adoperate in aeronautica come il musetto anteriore rialzato, collegato all’ala anteriore con due montanti paralleli, e le prese d’aria delle fiancate, di forma ovoidale e separate dal corpo vettura. La soluzione è spesso impiegata nei caccia a reazione militari dove le prese d’aria dei motori sono sempre staccate dalla fusoliera per evitare l’ingestione dello strato limite. Quando viene presentata la F92A prende subito il nomignolo di caccia, il suo aspetto, in verità molto bello si basa su fiancate particolari, scavate sotto le prese d’aria, molto strette e staccate dall’abitacolo. La soluzione aerodinamica serve per realizzare un condotto tra il fondo della vettura e quello delle pance, con l’obiettivo di ricreare l’effetto Venturi e recuperare valori di deportanza. Tra le novità c’è anche la sospensione anteriore con un mono ammortizzatore per entrambe le ruote invece di due. Postlethwaithe e Migeot hanno colpito nel segno almeno all’apparenza, l’auto è innovativa, forse troppo ed appena messe le ruote in pista si rivela un vero disastro. Le soluzioni studiate da Migeot hanno dato eccellenti risultati in galleria del vento, ma all’atto pratico si dimostrano controproducenti. La minima variazione di altezza dal suolo rende il doppio fondo inefficace, togliendo gran parte del carico aerodinamico alla vettura. La F92A risulta difficile da domare, in alcune situazioni i piloti si lamentano del sottosterzo sulle curve veloci e del sovrasterzo su quelle lente, con la sospensione anteriore che causa molti guai nella precisione di guida. Le scarse prestazioni vengono addebitati soprattutto alla parte telaistica, ma anche la meccanica ha dei grossi problemi che causano numerose tensioni all’interno della squadra.
Il motore della F92A è una evoluzione di quello della stagione precedente sviluppato dal tecnico Paolo Massai. Il V12 di 3.500 cc ha sempre l’angolo di bancata di 65° con la testata a cinque valvole per cilindro comandata da due alberi a camme, ma ha ancora il richiamo con molle tradizionali al posto del sistema pneumatico in uso presso i top team avversari. Il richiamo tradizionale con la molla, oltre un certo regime di rotazione diventa inefficace perché non riesce più a garantire il contatto con la camma, causando una chiusura ritardata della valvola. Con una mancanza dell’incremento del numero di giri il V12 Ferrari rimane plafonato nelle prestazioni, inoltre viene depotenziato di circa 35 cv per avere una maggiore affidabilità. Al motore denominato 038, viene abbinato il cambio semiautomatico dotato di solo 6 rapporti (più retromarcia) mentre gli altri motoristi hanno giù sviluppato unità a sette rapporti per avere una migliore distribuzione della potenza e non incorrere in abbassamenti di giri visti gli alti regimi di rotazione.
La F92A si rivela un vero disastro, lenta, poco gestibile ed inaffidabile. La squadra inizia a fare vari esperimenti, ma nulla riesce a risollevare le sorti delle stagioni.
Due i piloti di Maranello, Jean Alesì ed il nuovo arrivato Ivan Capelli. Il francese si è già ambientato con le guerre intestine che imperversano a Maranello, l’italiano invece rimane vittima delle tensioni all’interno della squadra e ci rimetterà il posto e la carriera.
Per il secondo anno consecutivo la Ferrari non ottiene né una vittoria, né una pole position, né tanto meno un giro più veloce in gara. Jean Alesì salva la faccia cogliendo due terzi posti nel Gran Premio di Spagna e nel Gran Premio del Canada, Ivan Capelli conquista due soli piazzamenti a punti: il quinto posto in Brasile e il sesto in Ungheria. Nelle ultime due gare è sostituito dal terzo pilota Nicola Larini, ma anche lui non riesce a cogliere nessun risultato utile con la F92A confermando i problemi incontrati in tutta la stagione.
Nel 1992 la Ferrari raccogli solo 21 punti, pari a meno della metà di quelli ottenuti nel 1991, retrocedendo dal terzo al quarto posto nella classifica costruttori, dietro anche alla Benetton, oltre che a McLaren e Williams. Il confronto è spesso imbarazzante con gli altri top team, ma anche con le Dallara della Scuderia Italia che montano il V12 Ferrari, in versione clienti con le specifiche della stagione precedente. La vettura della scuderia bresciana fa registrare velocità maggiori in rettilineo rispetto a quella di Maranello, a dimostrazione che manca potenza nel V12 in versione 1992.
Con il passare degli anni sono emersi alcuni particolari su quella vettura e sulla situazione di Maranello in quella stagione particolare. Luca Montezemolo era ritornato a Maranello, al comando di tutta la Ferrari, dove aveva trovato, a suo dire, una situazione disastrosa sia dal punto di vista della produzione che da quello sportivo. Con lui inizia una grande rivoluzione che porterà a cambiare completamente tutti i vertici della Ferrari ed ai grandi risultati dell’epoca Todt/Brown/Schumacher. Intanto in Ferrari ci sono guerre con le varie fazioni in lotta tra loro e la mancanza di risultati non fa che gettare benzina sul fuoco ed alimentare le tensioni. In una intervista, dopo quasi tre decenni, sono Jean Alesì e Jean Claude Migeot che tracciano un profilo di quella vettura e della situazione. “La F92 A non aveva problemi aerodinamici, ma di motore e di sospensione anteriore, perché in realtà generava molto carico aerodinamico – sono le considerazioni del progettista e del pilota – il motore soffriva di blow-by, vale a dire c’era un trafilaggio di olio dalle fasce elastiche in camera di combustione che faceva perdere 40-50 cavalli, ma nella tradizione del Cavallino non si poteva dire che era il 12 cilindri a non andare e le colpe di un’annata storta erano state attribuite solo alla macchina. E’ stato un peccato perché il concetto era interessante. La macchina era molto innovativa, ma i problemi erano principalmente di natura meccanica con la sospensione anteriore a mono-ammortizzatore e la mancanza di potenza del motore per il blow-by, tanto che si doveva usare un serbatoio dell’olio supplementare per sperare di non finire i GP senza lubrificante.”
Finisce con due grosse delusioni la stagione 1992 della Ferrari. Nella storia del cavallino rampante la F92A risulta una delle peggiori vetture mai prodotte a Maranello, seconda solo alla 312T5 e la speranza di vedere un nuovo pilota italiano vincente sulle rosse, dopo Michele Alboreto tramonta malamente con Ivan Capelli che diventa uno dei capri espiatori di tutta la vicenda.
Foto actualfoto Raul Zacchè – copyright ©