Corso Como 10 è uno degli “spazi polifunzionali” più noti di Milano, simbolo del “ben vivere” e del “ben pensare”, in cui dal 1991 si fa cultura con un mix di design, arte e moda, sapientemente miscelati dalla e nella Galleria di Carla Sozzani.
Nei giorni scorsi la Galleria Sozzani ha ospitato sulla propria terrazza una Ferrari F12 tdf, ultima nata dalla “penna” di Flavio Manzoni, a capo di Ferrari Design, la struttura in house che dal 2010 gestisce il processo di progettazione di tutte le vetture Ferrari.
Incomparabile l’effetto scenico della F12tdf gialla sulla terrazza del vecchio palazzo di ringhiera in cui è cresciuto lo spazio di Corso Como 10, con vista sui tetti e sugli edifici di Piazza Gae Aulenti, a partire dalla torre Unicredit.
La vettura: da molti ritenuta una delle più belle Ferrari dell’ultima generazione, la F12tdf è la versione speciale della F12berlinetta, premiata con il Compasso d’Oro ADI nel 2014 uno dei riconoscimenti più antichi e prestigiosi al mondo nell’ambito del design.
Gli elementi che avevano indotto la giuria a premiare la “mamma” della F12tdf si ritrovano tutti nella nuova vettura: forme fluenti e dinamiche e uso innovativo di soluzioni aerodinamiche che creano un vero e proprio connubio di tecnologia e design.
Il colore giallo e l’acronimo “tdf” vogliono essere un omaggio alla mitica 250 GT Tour de France, prodotta in meno di 50 esemplari nella seconda metà degli anni ’50.
L’evento trova la sua collocazione nell’ambito della rassegna “Le Vie del Compasso d’Oro” promossa dall’ADI – Associazione per il Disegno Industriale e della XXI Triennale di Milano, tenutasi settimana del design, che proprio in Corso Como e in Corso Garibaldi ha visto un gran numero di eventi.
Ferrari e Galleria Sozzani hanno voluto però dare qualcosa di più della semplice (si fa per dire) sensazione visiva e tattile: hanno voluto regalare una visione su come le vetture Ferrari vengono progettate e disegnate, dando vita all’incontro “Ferrari Design, il linguaggio della forma” con il già citato Flavio Manzoni.
Interessante soprattutto il racconto della profonda interazione tra designer e ingegneri (ben sintetizzato nell’espressione di Manzoni che descrive una Ferrari come “un connubio tra scienza e arte”), con i secondi a definire il perimetro entro cui sta ai primi generare una forma bella, efficace ed efficiente. Solo comprendendo appieno il progetto della vettura, il designer, creativo per definizione, impara quello che serve per garantire carico aerodinamico (ovvero, mantenere la vettura incollata al suolo) e per “alzare l’asticella” delle prestazioni sempre un pochino più in su. Il disegno infatti inizia solo quando il “senso del progetto” è stato ben interiorizzato. Tra l’altro, a far da corona alla F12tdf, sono esposti disegni ed elaborazioni grafiche che permettono di ripercorrere l’iter creativo della vettura.
Esattamente il contrario del pensare comune che tende a leggere la Ferrari come un oggetto di culto e di ricerca estetica, nato dalla “penna” di un designer e quindi riempito di meccanica ed elettronica.
La capacità del designer sta quindi anche nel dare continuità ad un discorso stilistico che riprende alcuni tratti tipici delle vetture di Maranello, come ad esempio le famose “branchie” sul parafango posteriore, che sono sì citazioni storiche, ma che in realtà nascono da ben precise esigenze aerodinamiche del progetto.
Stesso discorso per il caratteristico lunotto posteriore a forma di T che appare come una lastra di vetro quasi sospesa. Alla base c’era l’esigenza tecnica di creare degli spoiler, che oltre a risultare eccessivi non fanno parte del patrimonio genetico di Ferrari: ecco allora che il designer recepisce l’esigenza tecnica elaborandola in forma creativa attraverso un taglio particolare del lunotto e due depressioni laterali, ottenendo così il desiderato effetto spoiler, attraverso però un’opera d’arte.
Maurizio Quarta