Il Gran Premio di Monza parte da Milano: Ferrari alla carica con tanto “fumo” e botto imprevisto


DI Maurizio Quarta

Già l’edizione del 2017 aveva visto un’ouverture a Milano: in quell’occasione, però, del circo della F1 erano presenti solo alcuni piloti, che avevano dato vita alla Milano Drivers Parade alla guida di prestigiose auto d’epoca, utilizzate poi anche nel giorno della gara per la classica parata dei piloti..
Se quello dello scorso anno era un assaggio, quest’anno è arrivato il piatto forte: infatti, dopo oltre 70 anni, sono state invece alcune vetture di F1 a mettere “gomma” sulle strade di Milano, nell’ambito del Formula 1 Milan Festival, kermesse ideata e realizzata da Marco Balich, noto al grande pubblico soprattutto per la creazione dell’Albero della Vita all’interno delle strutture espositive di Expo 2015.
Nel 1947, fu vera gara, un episodio davvero unico dovuto all’inagibilità post bellica della pista di Monza. Allora il circuito si sviluppava attorno al Parco Sempione, quello odierno invece nella zona della Darsena: partenza in Piazza XXIV Maggio, per poi seguire la Darsena fino a Piazzale Cantore e tornare quindi indietro.
Festival dei motori, ma soprattutto festival Ferrari, vista la presenza delle due rosse, con Vettel e Raikkonen al volante, e delle Alfa Romeo Sauber (abbiamo volutamente invertito i nomi del team in onore dello storico marchio milanese) con i relativi piloti, soprattutto quel Charles Leclerc che tutti vorrebbero sul Cavallino e che tanti danno per certo il prossimo anno.
Le auto storiche a fare da apri pista, con lo stesso Vettel a bordo di un’Alfa Romeo d’epoca, la 6C 1750 ovviamente rossa.
Grande presenza di pubblico, attratto dalla possibilità di vedere le Rosse all’opera a pochissimi metri di distanza (guardare le migliaia di braccia tese con gli smartphone in mano per credere).
Tanto fumo, quello apprezzatissimo dei burn out, con tanto di botto da parte di Vettel, finito contro le barriere di protezione, danneggiando leggermente l’ala anteriore. Errore suo, derivante dal fatto che la disposizione dei comandi non era la sua abituale e della quale ha fatto ammenda con pubblico e stampa.
Liberty Media prosegue dunque nella sua strategia di avvicinare alla F1, portandola tra la gente, seguendo il modello americano (Daytona, Indianapolis) che tanti consensi genera oltreoceano. E’ esattamente la ricaduta positiva della cultura americana dello spettacolo da cui molti (vedi Andrea Pontremoli di Dallara in una nostra recente intervista) si aspettano il recupero dei troppi fan che hanno abbandonato la F1 nell’era Ecclestone, in cui forse si privilegiavano eccessivamente i risultati finanziari (peraltro grandi).
Obiettivo: recuperare i più “vecchi”, ma soprattutto avvicinare le nuove generazioni che a priori sembrano molto lontane dai richiami del Circus: per un diverso atteggiamento nei confronti dell’automobile (da traguardo a semplice strumento di consumo da pagare solo quando e per quanto serve) e degli orologi (quale può essere l’appeal per un Rolex Oyster quando non si usa l’orologio da polso?) e per un problema di “identificazione” con le star (che ad esempio non esiste per il calcio).
Al di là delle strategie di marketing, l’evento è servito a far crescere la tensione (positiva) in vista del GP di domenica, dove si annuncia il sold out con un probabile record di affluenza, e al team Ferrari per chiamare a raccolta il suo pubblico sulla pista di casa e far crescere la pressione psicologica sui rivali di Mercedes, che diversi commentatori danno per non bravissimo a reagire in simili situazioni.
Troppa abitudine a vincere in scioltezza? Può darsi, ma anche un diverso atteggiamento mentale di Ferrari, più “cattivo” e sicuramente meno passivo che in passato.

Foto: Rent a Journalist/Bollini