Jo Siffert con la Porsche 908 vince la Targa Florio del 1970
Targa Florio, circuito piccolo delle Madonne, una gara unica nel suo genere, una gara nata 100 anni fa, nel 1916, quando Vincenzo Florio, dopo avere visto il Grand Prix dell’Automobile Club de France, volle portare una gara automobilistica sulle strade della sua Sicilia. Una corsa che ha segnato diverse epoche, ma da sempre, vincerla era una vera laurea alla carriera. Un tracciato di oltre settanta chilometri, curve, rettilinei, strade velocissime miste a curve strette, dove solo i grandi campioni riuscivano a svettare. Coraggio, ma soprattutto grande improvvisazione, e sapere interpretare le varie fasi della gara, andando all’attacco o giocando in difesa a seconda dei casi, le doti dei migliori piloti stradisti sono sempre emerse su questo difficile tracciato.
Tante le edizioni che hanno fatto la storia, ma tra queste, l’edizione del 1970 è, a detta di tutti, la più grande, l’apice delle sfide in terra siciliana. Una edizione dove si sono scontrate due filosofie tecniche, con la battaglia resa epica dalle vetture e dai protagonisti: la Ferrari e la Porsche. Una gara tirata, dove si giocava il tutto per tutto, ma soprattutto il prestigio nella categoria principe delle corse automobilistiche di allora: il Mondiale Sport Prototipi. Dopo varie ore di gara, la prima vettura a tagliare il traguardo è una piccola Porsche ed a trionfare sono l’inglese Brian Redman e lo svizzero Jo “Seppy” Siffert, il grande protagonista della sfida.
Ferrari contro Porsche, una sfida tra giganti
La stagione 1970, per molti rappresenta l’apice delle corse di durata con le potenti vetture sport di cinque litri come protagoniste. la Federazione Internazionale, nel 1969 abbassa a 25 il numero di vetture prodotte per essere omologate nella categoria sport di 5.000 cc e la Porsche realizza la potente 917, inizialmente una vettura difficile e pericolosa da guidare (John Wolfe perde subito la vita a Le Mans nel 1969) ma quando viene sviluppata dall’equipe di John Wyer diventa una vera macchina da guerra e tra i piloti che si dedicano allo sviluppo un ruolo principale è quello di Jo Siffert, da anni driver ufficiale della squadra tedesca. La Ferrari risponde con la 512S, potente, bella, ma i tanti impegni della scuderia di Maranello impediscono un adeguato sviluppo della vettura. La stagione inizia nel segno della Porsche vittoria a Daytona, ma a Sebring è la Ferrari vincere approfittando dei problemi delle vetture di Zuffenhausen. Una volta sistemati i problemi la 917 inizia a dominare la scena con vittorie a Brands Hatch ed a Monza.
Cinque litri contro tre litri
La Targa Florio è una gara a parte, una sfida tra le sfide, dove la Porsche mostra tutta la sua tecnologia per vincere. A Zuffenhausen progettano una nuova vettura, la 908/03, una vettura piccola e leggerissima, un kart vestito, costruito attorno al tre litri, otto cilindri boxer, della 908. La Ferrari invece porta in Sicilia una sola vettura, la potente 512S affidata alle mani esperte di Nino Vaccarella ed al giovane astro nascente Ignazio Giunti. Due filosofie completamente diverse per affrontare il tracciato delle Madonne: leggerezza e massima manovrabilità contro potenza.
La barchetta 908/03, ovvero il terzo modello della serie dopo la versione coupè a coda lunga e la spider, ma in realtà dalle precedenti 908 eredita solo il propulsore. Il telaio, completamente nuovo, è derivato dalla 909 Bergspyder di due litri per le gare in salita. La 908/03 ha un telaio leggerissimo, in tubi di alluminio di piccolo diametro saldati tra loro, in una fitta struttura reticolare, una tecnologia molto in voga tra i tecnici tedeschi. L’abitacolo è molto avanzato, in pratica le gambe del pilota risultano a sbalzo dall’asse anteriore, e nell’anteriore la struttura tubolare è rinforzata con dei fogli di vetroresina.
Il posto di guida avanzato è reso necessario per la disposizione del cambio, del tipo 910 a cinque rapporti, che risulta all’interno del passo, ovvero posizionato tra il motore ed il differenziale, e non a sbalzo come era generalmente in uso all’epoca e sulle altre vetture Porsche. Il differenziale ha una struttura con diverse alette di raffreddamento e dei condotti convogliano l’aria proveniente da due prese naca aperte sul cofano motore per prevenire l’eventuale surriscaldamento nelle numerose curve. I semiassi hanno sia dei giunti omocinetici che dei parastrappi in gomma. Per le parti meccaniche vengono usati i materiali più leggeri disponibili, il titanio fa la sua comparsa sulla vettura, ma si parla anche di parti in berillio per l’impianto frenante, un materiale molto costoso e che verrà impiegato nei motori della Mc Laren-Mercedes di F.1 alla fine degli anni novanta. Il roll bar è di dimensioni molto ristrette, e come molte altri parti meccaniche risulta dimensionato al limite del regolamento. L’unico organo meccanico noto è il motore, il robusto otto cilindri raffreddato ad aria che ha già dimostrato di essere un propulsore altamente affidabile, anche se soffre di poca potenza rispetto ai nuovi motori della concorrenza. L’otto cilindri di 2.997 cc ha solamente 350 cv, ma ha una coppia di 32,5 kgm a 6.660 g/min che lo rende una unità molto sfruttabile sui circuiti tortuosi. Il rapporto di compressione è di 10,4:1, l’alesaggio è di 85 mm e la corsa di 66 mm. Il raffreddamento è sempre ad aria e la ventola è posizionata verticalmente, davanti al motore. La 908/03 monta anche dei dischi ventilati e forati sull’assale posteriore per avere una frenata sempre efficiente ed evitare i problemi di surriscaldamento. La carrozzeria è in pratica una sottile pelle di materiale plastico, la forma è un po’ tozza, ma è studiata all’insegna della massima efficienza aerodinamica per le basse velocità ed ha un peso di una quindicina di chilogrammi. Sull’anteriore è posizionata la presa d’aria per il raffreddamento del radiatore dell’olio e due piccole prese laterali che portano l’aria, mediante dei condotti, alle pinze dei freni. Le dimensioni sono molto compatte: il passo è di 2.300 mm, mentre la larghezza massima è di soli 1.510 mm. La grande particolarità della vettura è però il peso: solamente 545 kg in ordine di marcia, un vero record di leggerezza anche per l’epoca. La 908/03 da guidare sembra un go kart, nervosa ma molto precisa in curva, una bicicletta particolarmente adatta ai tracciati con tante curve e scarse velocità di punta. La Porsche ha investito cifre notevoli per questa vettura: da una intervista all’Ing. Piech, si parla di oltre diciotto milioni di vecchie lire per ogni vettura, oltre 100 milioni di stanziamento per le sei vetture realizzate, una cifra da capogiro per il 1970.
Cuori, quadri, fiori, picche, alla fine spunta Siffert
La Targa Florio 1970, sembra la classica sfida Davide contro Golia: la 908/03 ha solamente 350 cv, mentre la Ferrari 512S, in versione spider, ha almeno 550 cv ma è il peso e la quantità di vetture schierate a fare cambiare i parametri della sfida. La cinque litri di Maranello pesa oltre 900 kg e la squadra ufficiale schiera una sola vettura, confidando nelle notevoli doti di pilotaggio dei due italiani. Di ben altra forza è lo squadrone Porsche, con quattro vetture ufficiali pronte a dare battaglia sul tracciato delle Madonne, tre del Team Gulf-Wyer ed una del Team Salzburg. Per riconoscere meglio le vetture viene dipinto sulla parte destra del muso un simbolo diverso per ogni macchina. In genere le vetture delle stesse scuderie, avevano almeno un elemento di colore diverso sul muso per essere prontamente riconosciute dai segnalatori o quando si avvicinavano ai box per i rifornimenti. La squadra Porsche dipinge invece i semi delle carte su ogni barchetta: la n°20 della Salzburg, ha in Vic Elford l’uomo di punta ed è l’asso di cuori, quella in teoria destinata a fare la lepre, la n°12 di Jo Siffert e Brian Redman è l’asso di quadri, la n°36 di Richard Attwood e Bijor Waldegard è l’asso di picche, mentre la n°40 di Pedro Rodriguez e Leo Kinnunen ha l’asso di fiori dipinto sul muso. Dopo 792 Km di gara, su una serie infinita di curve. Tre dei quattro assi sbancano il piatto della Targa Florio. E’ l’asso di quadri, Siffert-Redman, a salire sul gradino più alto del podio, seguiti dall’asso di fiori, Rodriguez-Kinnunen.
L’asso di cuori, l’unica vettura della Salzburg, è subito fuori scena con una uscita di strada, mentre la balena Ferrari è soltanto terza. L’ultimo asso, quello di picche, ovvero Attwood-Waldegard giungono quinti assoluti dimostrando che la bicicletta Porsche 908/03 è la nuova regina sui tracciati tortuosi. Leo Kinnunen, compagno di Pedro Rodiguez, è anche l’autore del giro più veloce in gara, in 33’ 36”, un record che rimarrà nella storia; ma il messicano è fuori forma, reduce da una forma influenzale, e non si trova a suo agio con la piccola barchetta e le strette curve siciliane. Il vero mattatore è Siffert, che con il compagno Redman rappresenta l’equipaggio meglio assortito dello squadrone Porsche. I due fanno una gara badando al risultato finale, più che alla prestazione sul giro, cercando inizialmente di risparmiare la vettura e soprattutto prestando molta attenzione alle vetture più lente ed ai mille tranelli delle strade siciliane. “La gara si decide nel finale, lasciamo sfogare gli altri all’inizio, vediamo chi rimane” confida Jo Siffert ad un amico giornalista prima del via, e sarà proprio lui a conquistare l’alloro e la gloria in terra siciliana dopo avere superato la Ferrari mentre era ferma ai box per l’ennesimo rifornimento ed infine anche il compagno Pedro Rodriguez in crisi sulle curve siciliane. Leo Kinnunen, quando risale, tenta di ridurre le distanze, ma il vantaggio accumulato da Siffert e Redman è troppo consistente ed all’undicesimo giro la Porsche con l’asso di quadri taglia vittoriosamente il traguardo. Per Jo Siffert arriva finalmente l’ora della rivincita: le tre vittorie conquistate con la 917 portano tutte il marchio di Pedro Rodriguez. Tra i due, in pista, non scorre buon sangue, la rivalità per primeggiare tra i piloti Porsche è sempre più accesa ed alcune volte finisce a sportellate tanto che John Wyer gestirà gli equipaggi in modo che i due rivali non si incontrano nello stesso turno di guida. Finalmente lo svizzero è riuscito a conquistare una vittoria, sulla gara più dura. Ripeterà l’impresa a metà maggio a Spa ed infine in ottobre a Zeltweg.
La Ferrari: amara sconfitta
Oltre 400 mila spettatori sono giunti sulle Madonne per tifare il loro idolo, il preside, Nino Vaccarella e la sua rossa che sfreccia tra le curve siciliane, ma la maneggevolezza delle piccole Porsche ed i consumi ridotti del tre litri tedesco hanno fatto la differenza. “Vedere Siffert che guida pulito, come fosse sui binari mi fa quasi arrabbiare” sono le parole di Ignazio Giunti “la nostra 512S si intraversa da tutte le parti, è difficile tenerla in strada con l’asfalto che varia in ogni curva, con il brecciolino e le buche nell’asfalto”. Nino Vaccarella è uno degli eroi della giornata, non si risparmia davanti al suo pubblico, quando scende e si toglie i guanti ha le mani piegati dalla tensione accumulata e dalle acrobazie fatte nel tenere in strada la potente e pesante vettura di Maranello. “Abbiamo perso per colpa soprattutto dei consumi maggiori rispetto alla Porsche” sono le sue considerazioni in una intervista rilasciata ricordando quella epica edizione “abbiamo dovuto fare due rifornimenti in più rispetto alle barchette 908/03, ogni rifornimento ci è costato circa due minuti, quindi abbiamo accumulato quattro minuti di svantaggio durante la gara. Alla fine siamo giunti a tre minuti da Siffert e Redman, a testimonianza dell’impegno mio e di Ignazio in quella gara.”
Campi Massimo