di Maurizio Quarta
Vittorio Brambilla è uno di quei piloti capaci di fissarsi indelebilmente nell’immaginario collettivo, a fianco di grandissimi quali Senna e Gilles Villeneuve, nonostante la sua carriera non sia stata ricca di acuti (e non certo per demeriti suoi).
Altrettanto indissolubile non poteva che essere il legame con la sua Monza, dove è cresciuto, dove ha lavorato e dove ha corso fino all’ultima sua gara con l’Alfa Romeo nel 1980..
Già nel 2014, era stato intitolato a lui il piazzale situate all’ingresso del circuito di Vedano.
Non poteva quindi essere che le sala stampa del tempio della velocità il luogo dove presentare il libro “Vittorio Brambilla – Il mago della pioggia”, di Walter Consonni/Enzo Mauri per i tipi di Giorgio Nada Editore.
Monza ha risposto alla grande: massiccia presenza di pubblico e sala strapiena, libro già esaurito nelle librerie monzesi.
Di tutte le definizioni e gli appellativi dati a Brambilla nel corso degli anni, quelli che forse ne fissano indelebilmente le doti migliori come in un’istantanea li ritroviamo nell’incipit della prefazione del libro scritta da Giorgio Terruzzi: “un uomo grande, un uomo buono”.
Definizione che ritroviamo in toto nel soprannome che i piloti inglesi gli avevano affibbiato all’epoca: il Gorilla di Monza e di cui ben pochi in Italia sanno.
Da dove nascono, oggi come allora, questa particolare affezione e apprezzamento per un pilota che, agonisticamente parlando, ha ottenuto poche grandi soddisfazioni, certamente inferiori a quelle di altri piloti italiani: 74 Gran Premi disputati con team di secondo piano (March Ford e Surtees Ford) e un’Alfa Romeo in “sviluppo”, una pole position nel 1975 in Svezia, un solo successo (con punteggio dimezzato) sotto l’acqua battente di Zeltweg, sempre nel 1975, l’undicesimo posto nella classifica piloti (1975) e punteggi da 1 a 6 punti negli altri anni?
In un’epoca in cui non esisteva ancora il “circo” così come siamo stati abituati a vederlo e percepirlo nell’era di Mister BE, in cui il paddock e la pit lane erano, se non proprio aperti, in certo qual modo facilmente accessibili, e in cui giravano sicuramente meno soldi e dove talvolta l’entusiasmo, il gran lavoro e la forza del singolo potevano riuscire a compiere miracoli agonistici, Brambilla era stato visto dagli inglesi come il simbolo vivente di quell mondo.
Allo stesso modo, post mortem, è rimasto nella memoria collettiva degli appassionati italiani e dei tifosi monzesi in particolare come il simbolo di un mondo e di un modo di correre “romantico” e al contempo “pane e salame” (nel senso più positivo del termine).
Abbiamo chiesto ad un altro grande esponente di quel mondo, Giancarlo Minardi, di ricordare Vittorio Brambilla ed ecco le sue parole: “Per ricordare Vittorio debbo ritornare al lontano 1972 quando con la Scuderia del Passatore partecipavo al Campionato Italiano di F3 con Massimo Ciccozzi e di F.Italia con Giancarlo Martini e i fratelli Brambilla erano presenti in F.3, tanto presenti che Vittorio vinse il Campionato Italiano. Sono passati 44 anni, e la nostra conoscenza è avvenuta nel paddock, in modo particolare nelle serate che passavamo insieme sotto le tende, davanti a un piatto di pasta, ma soprattutto ad abbondanti bevute che portavano a simpatici racconti di gare, competizioni e trascorsi di vita. Era fantastico ascoltare le avventure dei fratelli Brambilla fuori e dentro la pista. Con Vittorio ho avuto anche molte altre occasioni di frequentazione sui campi di gara anche quando Lui aveva attaccato il casco al chiodo e io ero entrato in F.1, sempre prodigo di consigli , che ovviamente ascoltavo avendo la fortuna di avere rapporti con uno dei più grandi Piloti che l’automobilismo Italiano ha prodotto negli anni 70/80.”
Un ricordo personale: quando ancora esisteva la vecchia officina di via della Birona, mi capitava di andarci spesso (chissa perchè a cavallo dei gran premi!) con un’amico che in quella via abitava e la cui famiglia era da anni cliente dei Brambilla; quando si riusciva ad incrociare Vittorio, mai una volta che si sia sottratto alle domande curiose e talvolta impertinenti di due teenager o poco più.
Di più: la volta che, tra buchi nelle reti e compiacenza dei guardiani siamo riusciti a entrare nel tanto agognato paddock, per non essere buttati fuori siamo andati dritti al box di Brambilla, presentandoci come clienti e chiedendo asilo; il capo meccanico ci disse semplicemente “mettetevi di lato e state buoni e zitti”. Quasi come oggi …
Dopo la piazza e il libro, si parla di un museo negli spazi dell’autodromo: ipotesi affascinante, ma oggettivamente ancora ben di là dal poter essere concretamente considerate. Non va dimenticato che il rinnovo del contratto per il Gran Premio con Liberty Media è ancora in discussione …
Foto: credit Giorgio Nada Editore.