Schumacher: il lato oscuro della forza (dal nuovo libro di Pino Allievi)

Suissemotorsport di Maurizio Quarta

La presentazione del nuovo libro di Pino Allievi “Michael Schumacher. Immagini di un vita” edito da Giorgio Nada Editore, svoltasi presso la sede di ACI Milano, ha rappresentato un momento di riflessione interessante e appassionante, su uno dei pochi piloti nella storia della F1 capaci di contrassegnare un’era, così come Ayrton Senna  aveva contrassegnato quella precedente.

Di Schumacher , nell’arco di una carriera sportiva in F1 che va dal 1991 al 2012 (considerando anche i quattro anni di stop dal 2006 al 2010), si è detto tutto e il contrario di tutto, con la stampa e i tifosi spesso fortemente divisi tra detrattori e ammiratori incondizionati: l’unica cosa innegabile e incontrovertibile è il suo essersi comunque indelebilmente impresso nell’immaginario collettivo.

Una persona, un pilota è il prodotto delle sue origini: come ha detto durante l’incontro Giorgio Terruzzi,  “ricordiamoci da dove proveniva Schumacher … da un posto di m…”; Pino Allievi, meno rudemente, dice “dal nulla”.

Questo fatto, spiega in buona parte quella fame atavica di emergere, di avere successo e di vincere, che trova nel grande lavoro e nell’impegno costante l’unica possibilità per emergere, talvolta in maniera anche “cattiva”.. Quella fame che ha sempre animato anche Lewis Hamilton, con la differenza che Hamilton ha capito molto prima di Schumacher come diventare simpatico alla gente, forse anche perché figlio del mondo dei social.

Gran lavoro, meticolosità, precisione e ricerca della perfezione; un esempio su tutti: la grande attenzione alla preparazione atletica  – Schumacher aveva la sua “palestra mobile”, che all’epoca Technogym raccontava al mondo – che gli consentiva una costanza di prestazione nell’arco della gara assolutamente unica e che dalla metà corsa in poi, quando gli altri iniziavano ad avvertire stanchezza e fatica, gli dava un vantaggio competitivo assoluto.

Secondo alcuni puristi Schumacher non sarà stato forse il pilota più “bello” da un punto di vista puramente tecnico e di stile di guida, ma anche questi commentatori devono inchinarsi alla spietatezza dei suoi numeri e dei suoi record.

Cattiveria sempre, comunque e dovunque: ancora Terruzzi ricorda il caso di uno degli ultimi GP della carriera (Budapest 2012), in cui “spinse a muro” un incolpevole Barrichello, quando entrambi remavano nelle retrovie e poco avevano ormai da chiedere alla F1.

Il racconto di Allievi e i commenti suoi e di Terruzzi,  evocano il Darth Vader di Guerre Stellari, quello del lato oscuro della forza.  La fotografia di Schumacher scattata in pit lane a Monza nel 2001 vuole esprimere proprio l’ambivalenza di questo grandissimo campione: il rosso della forza di una macchina e di un pilota insieme lungamente vincenti, con la presenza di quel  nero che talvolta lo ha indotto a comportamenti anche scorretti.

Chi nel libro fa emergere con spietata chiarezza il lato oscuro di Schumacher è Martin Brundle, pilota di grande esperienza, suo primo compagno di squadra  e oggi reputato opinionista e intervistatore televisivo.

Uno che Schumacher lo ha visto dal di dentro. Ricorda: “Michael non capiva mai abbastanza la differenza che c’è tra l’essere un pilota competitivo e l’essere scorretto. Voleva sempre andare oltre i limiti … Era il suo istinto primordiale … Non puoi aspettarti correttezza quando c’è in ballo un titolo mondiale … capisco che quando ti trovi in una certa posizione puoi perdere le staffe, soprattutto quando sei guidato dalla testa e non dal cuore. E secondo me Michael era guidate più dalla sua testa che dal suo cuore”.

Ma così come, nella trilogia di Guerre Stellari, Darth Vader, ribellandosi all’imperatore, mostra alla fine il lato positivo della forza, che in lui era semplicemente represso e nascosto, anche Schumacher aveva un lato “positivo” lontano dalle piste, di cui poco si parlava e che il grande pubblico poco conosceva: ne sono testimonianza il supporto all’iniziativa per i disturbi neurologici, la donazione dopo lo tsunami in Giappone, il legame con il giornalista monzese Pepi Cereda, morto per un male incurabile. Dice nel libro Jean Todt: Schumacher “… soffriva il dramma di non essere compreso. Col tempo ha sentito il bisogno di avvicinarsi maggiormente alla gente, mostrando l’altra faccia di sé, quella che pochi conoscevano”.

Il pregio principale del libro sta proprio nel raccontare, attraverso le testimonianze di chi lo ha conosciuto le tante facce di un personaggio complesso e non immediatamente classificabile e inquadrabile: un bel tributo per essere vicino ad un campione che, a causa dei postumi dell’incidente sugli sci, purtroppo oggi è  ancora molto lontano …

 

E per coloro che volessero rivedere tutte le F1 guidate da Schumacher, e non solo, sempre per i tipi di Giorgio Nada Editore è da poco uscito “Tutto Ferrari – nuova edizione ampliata”, dove appaiono le schede tecniche di tutte le monoposto di F1 dal 1950 ad oggi.